Grazie al superbonus 110% chi effettua interventi di riqualificazione energetica o sismica o di altro tipo congiuntamente ad interventi con queste finalità, può contare su una detrazione del 110% delle spese sostenute: ma a chi spetta davvero questa agevolazione?
Il Decreto Rilancio ha introdotto il cosiddetto Superbonus: una detrazione del 110% sulle spese sostenute per chi effettua interventi di riqualilficazione energetica e riduzione del rischio sismico degli edifici tra il 1 luglio 2020 e il 31 dicembre 2021 (vedi il nostro articolo sugli interventi e i limiti di spesa detraibile per maggiori dettagli). Tuttavia, molti cittadini hanno ancora dubbi su a chi spetta la detrazione delle spese sostenute: cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Chi ne ha diritto
Sotto il profilo oggettivo, la detrazione al 110% spetta a chi sostiene le spese relative a specifici interventi finalizzati alla riqualificazione energetica e all’adozione di misure antisismiche degli edifici (interventi “trainanti”) o ad altri interventi, realizzati congiuntamente ai primi (interventi “trainati”).
In entrambi i casi, per poter accedere alla detrazione, gli interventi devono essere realizzati:
– su parti comuni di edifici residenziali in “condominio” (sia trainanti, sia trainati)
– in edifici residenziali unifamiliari e relative pertinenze (sia trainanti, sia trainati)
– all’interno di unità immobiliari residenziali funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall’esterno (sia trainanti, sia trainati)
– su singole unità immobiliari residenziali e relative pertinenze all’interno di edifici in condominio (solo trainati).
In queste definizioni, per edificio unifamiliare si intende un’unica unità immobiliare di proprietà esclusiva, funzionalmente indipendente, che disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno e destinato all’abitazione di un singolo nucleo familiare.
Accesso alle detrazioni
Per le persone fisiche, il limite massimo di accesso alle detrazioni è posto su due unità immobiliari, oltre agli eventuali interventi su parti comuni condominiali. In questi edifici, infatti, spetta la detrazione anche a chi ha partecipato alla spesa degli interventi sulle parti comuni e possiede solo pertinenze (come box o cantine). In ogni caso, sono escluse dalla possibilità di accesso alle detrazioni le abitazioni di lusso (categorie catastali A1, A8 e A9).
La detrazione spetta, se chi sostiene le spese è:
- condomini (in assenza dell’amministratore condominiale, nella dichiarazione va inserito il codice fiscale di chi effettua gli adempimenti richiesti dalla norma)
- persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni
- dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) e dagli enti aventi le stesse finalità sociali per interventi realizzati su immobili di loro proprietà o gestiti per conto dei comuni, adibiti ad uso residenziale pubblico
- dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci
- dalle ONLUS, dalle organizzazioni di volontariato, di promozione sociale e dalle associazioni sportive dilettantistiche (solo per la parte destinata agli spogliatoi).
Per accedere alla detrazione, bisogna dimostrare di possedere o detenere l’immobile con un titolo idoneo che risulti da un atto registrato. La mancanza di tale titolo documentato al momento di avvio dei lavori o di sostenimento delle spese, se precedente, preclude il diritto alla detrazione. Non è possibile provvedere in un successivo momento alla sua regolarizzazione.
In particolare, la detrazione spetta a:
- proprietari e nudi proprietari
- titolari di un diritto reale di godimento quali usufrutto, uso, abitazione o superficie, come risultante da contratto regolarmente registrato
- locatari o comodatari (previo consenso all’esecuzione dei lavori da parte del proprietario)
- familiari conviventi del possessore o detentore dell’immobile ristrutturato, a condizione che sostenga lui le spese e siano a lui intestati bonifici e fatture
- convivente more uxorio del proprietario dell’immobile anche in assenza di un contratto di comodato.
In caso di cessione dell’immobile su cui sono stati fatti interventi, le quote residue di superbonus passano all’acquirente salvo diverso accordo tra le parti; in caso di successione, invece, passano all’erede che materialmente dispone dell’immobile.
Alternative alla detrazione
In ogni caso, la detrazione massima che ogni singolo contribuente può ottenere è pari all’imposta annua che il medesimo dovrebbe versare. Per questo motivo, se a chi spetta la detrazione per le spese sostenute non ha capienza, non è data la possibilità di recuperare negli anni successivi o come rimborso la detrazione non goduta. È valida, tuttavia, la possibilità di cedere la detrazione a terzi o di optare per altre due alternative.
L’articolo 121 del decreto Rilancio, infatti, stabilisce che chi sostiene spese per interventi di riqualificazione energetica con accesso al Superbonus può optare per uno “sconto” sul corrispettivo dovuto. Tale contributo, che può essere al massimo pari a quanto dovuto, verrebbe anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi. Questi poi, lo potrebbe a sua volta recuperare sotto forma di credito d’imposta, con la possibilità di cedere successivamente il credito ad altri soggetti, come istituti di credito o altri intermediari finanziari.
In alternativa a questo “sconto in fattura”, è possibile optare per la cessione del credito d’imposta di importo corrispondente alla detrazione ad altri soggetti, come istituti di credito e altri intermediari finanziari.